Come proseguirà la canzone italiana?

Fare musica può essere un lavoro o meno ma la nostra cultura musicale è stata determinata negli ultimi decenni dall’evoluzione dell’industria discografica e dello spettacolo, almeno fino all’avvento del web che consente ora la condivisione di idee peer to peer.

Dopo una forte crisi delle vendite legata alla diffusione dell’mp3 e poi di youtube e spotify, artisti e industria stanno provando a recuperare qualcosa con la vendita di vinili, con lo streming a pagamento o finanziato dalla vendita di spazi pubblicitari sul web.

Tutto questo probabilmente ha condizionato recentemente anche gli artisti e le loro scelte stilistiche ma a ben pensarci si tratterebbe di pensare a modelli di business nuovi, che salvaguardino la libera espressione, il ritorno economico di chi ci lavora e la bellezza.

Partendo dai miei obiettivi che sono fondamentalmente quelli di fare musica, condividerla e guadagnare eventualmente qualcosa come autore, ho allargato la mia riflessione, individuando alcune possibili soluzioni che potrebbero permettere di avere nuovamente una più ampia gamma di musica nuova, come è stato fino a un po’ di anni fa.

Se fare un disco non conviene quasi più a nessuno, penso che si potrebbe invogliare l’acquisto inserendo nel cd un biglietto omaggio per un evento live, da far diventare nominativo attraverso una registrazione sul web. In questo modo, un artista famoso potrebbe aumentare le vendite del suo cd e avere una quota di pubblico non pagante, in pochi grandi eventi live.

Soddisfatta la voglia di grandi eventi di una parte del suo pubblico, l’artista potrebbe proseguire la sua tournee con eventi più piccoli, dallo stile musicale diverso e con biglietti più economici. 

Ma a questa soluzione è legata un’altra idea che aiuterebbe ad avere produzioni discografiche e live più ricchi di novità.

Molti artisti fanno ormai un disco ogni due o tre anni, cercando di massimizzare la loro soddisfazione e quella della maggior parte del loro pubblico e il rientro economico della produzione. Questo è sempre più difficile perché il pubblico può accedere a tutto quello che vuole sul web, gratis per fortuna.

Un’artista che ne avesse la voglia potrebbe però fare anche due dischi all’anno, uno diverso dall’altro per stile ed estetica, usando il budget con cui generalmente realizza un disco e una tournee ogni due o tre anni. 

Con dischi anche molto diversi potrebbe soddisfare oltre alle sue esigenze di ricerca anche i gusti di pubblici diversi e nuovi rispetto a quello a cui si rivolge con un unico disco che deve accontentare un po’ tutti. Quindi, invece di un disco ogni due o tre anni per un pubblico di dimensioni X, potrebbero esserci tre o quattro dischi, nello stesso periodo, per i pubblici X, Y, W e Z a somma maggiore di X.

Le vendite del disco più popular sarebbero aiutate dal biglietto omaggio  per un live grande e spettacolare in poche date, mentre i dischi “alternativi” potrebbero interessare pubblici nuovi che inoltre andrebbero ai live meno costosi che l’artista potrebbe organizzare in tante piccole location o teatri d’Italia.

I tanti live potrebbero coinvolgere musicisti locali, su base regionale, band rock, jazz, pop e service locali, meno costosi e contenti di lavorare nella loro area. Avrebbero come riferimento il disco “alternativo” prodotto dall’artista coi musicisti che prefererisce.

Non so come proseguirà la canzone italiana e la nostra musica in genere, magari gli artisti pareggeranno i conti con una maggiore presenza in televisione ma per adesso si assiste purtoppo ad un appiattimento delle produzioni, ad un impoverimento della varietà musicale e a un conformismo artistico diffuso.

Forse nessuno ha il tempo per mettersi a pensare e magari gli artisti non hanno più tanta voglia di un modello di relazione fan-pubblico ripetuto per più decenni in maniera ormai stanca. C’è sempre però spazio per innovazioni che creino ricchezza, avendo idee, soldi e desiderio.

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