“A te ti piace la musica o ‘o fummo?” la scena iconica con James Senese, del film No, grazie, il caffè mi rende nervoso di Lello Arena. Tutto quel dialogo pone domande fondamentali, che fanno il pari solo con le domande di un’altra scena chiave, quella del film Così parlò Bellavista di Luciano De Crescenzo: “È arte o è ‘na strunzata”?
In mezzo ai quei pochi minuti di cinema allegro, comico o agrodolce, ci sono tante questioni sempre aperte sulla musica come “fatto sociale” (come diceva Pino Daniele nelle sue interviste), sul populismo dello star system, sulla necessaria pubblicità di quello che fai come artista, se vuoi farlo ascoltare a pochi o a tanti, sul tipo di attenzione e ascolto da parte del pubblico, sulla critica giornalistica, sulla qualità della musica, sulla libera espressività. Adesso, c’è anche il web, le sue possibilità e i suoi limiti a rimescolare le questioni.
Comunque, sembrerebbo utile per chi fa musica, arte e “oggetti culturali” in genere, avere una propria dotazione filosofica originale, per se stessi e anche per spiegare agli altri quello che si fa o si vuole fare e proporre, per affrontare la vendita, il mercato, le case di produzione, la professione, la propria passione e la propria evoluzione.
Perchè la musica è filosofia e chi fa musica ha sempre una bottega di filosofia, anche quando non ne parla direttamente, anche quando fa solo musica strumentale.
Enjoy the music! Ma attenti alle provocazioni, ce ne sono state e ce ne sono tante, volontarie e involontarie, nel sistema economico/sociale/culturale, a carico degli artisti e di chi si espone mettendoci la faccia ma anche a carico del pubblico.